Depressione senile: prevenzione, cura e difficoltà diagnostiche

Depressione senile

La depressione dell’umore nel soggetto anziano rappresenta una delle sfide più ardue per il Medico di Medicina Generale e per gli Psichiatri, sia per quanto riguarda la formulazione di una diagnosi clinica sia per quanto attiene l’individuazione di una terapia efficace, a causa della compresenza di sintomi depressivi e di sintomi della sfera cognitiva.
Si deve poi considerare che i sintomi depressivi nell’anziano frequentemente rappresentano il quadro di esordio di un deterioramento cognitivo lieve o iniziale, ma ingravescente. Per convenzione si definisce depressione senile quella che esordisce dopo i 65 anni.

La prevenzione

Si stima che oltre il 13% dei soggetti sopra i 65 anni soffra di sintomi depressivi sino ad arrivare ad oltre il 20% dei soggetti sopra gli 85 anni affetti da depressione senile, con una prevalenza quasi doppia nelle donne.
Spesso non si dà sufficiente importanza alla prevenzione primaria. La persona anziana, soprattutto quando esce dal sistema lavorativo, deve affrontare un cambiamento di ruolo fondamentale, percepisce che la sua importanza in famiglia, in ambito lavorativo e sociale si è notevolmente ridotta. La cerchia degli amici si è impoverita, vuoi perché alcune relazioni erano strettamente legate all’attività lavorativa, vuoi perché col passare deli anni alcuni amici sono venuti a mancare.
Improvvisamente si trova a non sapere come affrontare la giornata che diventa sempre più lunga e noiosa. Ogni piccolo problema diventa improvvisamente un muro insuperabile, aumenta la consapevolezza di avere perso alcune capacità ed abilità e compare un ansioso senso di inutilità ed impotenza. Le malattie, i dolori cronici, le piccole limitazioni nel funzionamento, improvvisamente si ingigantiscono ed il soggetto si percepisce come un essere ammalato, bisognoso di accudimento, non autosufficiente. La solitudine, la separazione, la vedovanza, che nella fase produttiva erano oscurate dagli impegni ora emergono in maniera prepotente ed angosciante.

La cultura della prevenzione deve incentivare stili di vita corretti che si basino non solo su una dieta sana ed equilibrata o sulla attività motoria, sicuramente necessari, ma anche sulla conservazione delle funzioni cognitive, delle relazioni sociali, e sul mantenimento della propria autostima. Alcuni soggetti si riciclano nel ruolo di nonno, nel quale mantengono, seppur ridotta, una funzione educativa e protettiva.

Per altri è opportuno che vengano mantenute o create passioni, possibilmente condivise con altre persone, che possono andare dalla cucina al giardinaggio, dal circolo ricreativo al volontariato, dal corso di lingue o di informatica all’università della terza età. Durante i momenti di solitudine è utile la lettura o la sfida con sé stessi utilizzando le riviste di enigmistica. La cura di sé e della abitazione va mantenuta entro standard elevati.

La complessità sintomatologica e le difficoltà diagnostiche

Sia che il paziente giunga in prima istanza al Medico di Medicina generale o ad un Neurologo o ad un Geriatra o ad uno Psichiatra è comunque opportuno che i professionisti chiamati in causa interagiscano tra loro per l’approfondimento diagnostico e per stabilire una terapia efficace.

Sintomi psichici e neurologici spesso sono compresenti. Le patologie in cui la depressione dell’umore può accompagnare o rappresentare il primo segnale sono in ordine di probabilità:

  • Malattia di Alzheimer
  • Morbo di Parkinson
  • Vasculopatie cerebrali
  • Altre forme di deterioramento cognitivo: Degenerazione fronto-temporale, Malattia di Huntigton
  • Tumori cerebrali
  • Malattie metaboliche

Dal 2020 si sono registrati casi di depressione causati dal Covid-19 o reattivi alle forme più preoccupanti e/o alle limitazioni individuali o collettive causate dalla pandemia. Il soggetto anziano, sia per la sua fragilità che per le condizioni di solitudine in cui può trovarsi, necessariamente è colui che ha più probabilità di incorrere in una Depressione Maggiore da Covid.

Classicamente comunque le due condizioni che rappresentano un dubbio diagnostico frequente nell’anziano sono la malattia di Alzheimer e la Depressione Maggiore. Il morbo di Parkinson ha frequentemente una componente sintomatologica depressiva, ma il tipico quadro neurologico porta in breve tempo ad escludere la diagnosi principale di Depressione Maggiore.

Le caratteristiche della Depressione senile

Ancora prima di avviare le indagini strumentali può essere d’aiuto allo specialista rilevare alcune differenze peculiari tra la sintomatologia presentata dal soggetto affetto da una forma inziale o lieve di Alzheimer e quella dell’anziano affetto da Depressione Maggiore.
Sul versante cognitivo nel soggetto con Alzheimer l’inizio è insidioso con una graduale e progressiva compromissione della memoria, dell’apprendimento, della cognizione e delle funzioni esecutive, mentre nella Depressione Maggiore i deficit esordiscono improvvisamente, sono aspecifici e ad andamento alterno.
È l’anziano stesso che lamenta difficoltà di memoria e di concentrazione e tende ad autobiasimarsi. Può essere presente una condizione di confusione con disorientamento spaziotemporale e con rallentamento motorio.
Sul piano psichico l’umore depresso nella persona anziana è accompagnato da insonnia, inappetenza, evidenti stati di ansia, angoscia, agitazione, irritabilità, senso di colpa, pessimismo, disperazione, anedonia, apatia, perdita di interessi, isolamento sociale, senso di inutilità e nei casi più gravi, idee deliranti di nocumento e allucinazioni uditive.
Nella depressione senile, oltre allo stato di agitazione sono peculiari e predominanti le somatizzazioni, sintomi, dolori e lamentazioni legati al corpo, definiti equivalenti depressivi, che costituiscono la cosiddetta depressione mascherata e che possono diventare veri e propri deliri ipocondriaci, con timore di morire.

Fattori predisponenti l’episodio depressivo sono rappresentati da una personalità premorbosa rigida ed ossessiva, da fattori esistenziali stressanti (es. trasferimenti, lutti, difficoltà economiche, familiari da accudire) e dalla compresenza di altre patologie, le cui cure a volte sono esse stesse responsabili di sintomi depressivi.

L’episodio depressivo nell’anziano ha una durata maggiore rispetto alle fasi precedenti della vita: occorre tenere presente il rischio suicidario, soprattutto nelle persone con scarsa rete familiare e sociale.

La Depressione maggiore nel soggetto anziano che presenta turbe della sfera cognitiva viene anche definita Pseudodemenza.

La terapia

Altro elemento che può aiutare nel discernere tra episodio depressivo ed inizio di Disturbo neurocognitivo, è costituito dalla efficacia di un trattamento farmacologico antidepressivo, che a volte risolve in modo soddisfacente quadri di apparente deficit cognitivo.
La terapia antidepressiva, se efficace, va proseguita per lungo tempo, spesso anni a scopo profilattico, a dosaggio inferiore a quello della fase acuta.
Nelle forme lievi, in assenza di deficit della sfera cognitiva possono essere utili alcune forme di psicoterapia.
Se il dubbio diagnostico rimane, l’invio ai centri dei disturbi cognitivi è necessario per effettuare i test neuropsicologici dedicati e per avviare studi di neuroimaging e, ove possibile, test genetici.
Qualora il disturbo neurocognitivo lieve o inziale venisse confermato è possibile attuare nuovi trattamenti farmacologici, ed avviare il soggetto a percorsi di stimolazione cognitiva per rallentare il decadimento.

In conclusione non sempre è possibile tenere ben distinti i disturbi neurocognitivi dalla Depressione Maggiore nella persona anziana, la quale spesso può aver necessità sul piano puramente sanitario di una presa in carico condivisa da psichiatri, da neurologi, da centri per i disturbi cognitivi dotati di multiprofessionalità, e dal MMG che deve sempre mantenere la funzione di collegamento e di sintesi tra tutti gli interlocutori coinvolti nella complessità patologica del suo paziente anziano.

Ma la pura medicalizzazione della condizione depressiva senile non è sufficiente: chi ne soffre è in primis un essere umano che ha bisogno da parte dei familiari, dei caregivers, degli amici e degli stessi professionisti sanitari e sociali, di comprensione, pazienza, affetto, incoraggiamento e ascolto.

A cura del dottor Franco Marzullo, Specialista in Psichiatria della Casa di cura Città di Parma