Attacchi di panico: la terapia cognitivo-comportamentale

Terapia attacchi e disturbo di panico

L’attacco di panico risulta essere spaventoso per chi lo prova. Spesso è improvviso e inaspettato, soprattutto la prima volta. Ha una durata di circa 10/20 minuti che però vengono vissuti come interminabili. È caratterizzato da un’intensa attivazione fisiologica e il soggetto percepisce quello che gli sta accadendo come qualcosa di catastrofico e pericoloso: teme di svenire, impazzire, morire o perdere il controllo.

I sintomi fisici più comuni che accompagnano un attacco di panico sono: tachicardia, respirazione affannata, sensazione di svenimento, sensazione di soffocamento, dolore al petto, sudorazione, ecc.

Dall’attacco di panico al disturbo di panico

Una volta sperimentato il primo attacco di panico, quindi, il soggetto può avere il timore che questo possa verificarsi di nuovo, andando quindi a incrementare la possibilità di innescare un circolo vizioso che può condurre a un vero e proprio Disturbo di Panico.

Il focus da considerare è il seguente: non è quello che accade a spaventare le persone ma è l’interpretazione che le persone danno a quello che sta accadendo. Clark (1986), infatti, descrive l’attacco di panico come il risultato di una “interpretazione catastrofica” delle sensazioni corporee sperimentate dal soggetto (palpitazioni, iperventilazione, dolore al petto, ecc.). Queste vengono “lette” dal paziente come segnali di un pericolo incombente (come, ad esempio, un attacco cardiaco). L’errata interpretazione delle reazioni fisiche produce un incremento dell’ansia fino all’instaurarsi del ciclo “paura della paura” che si riferisce alla condizione per cui un individuo che ha sperimentato un attacco di panico può sensibilizzarsi agli stimoli interni, inizialmente neutri, e innescare una spirale di ansia anticipatoria e di paura che amplifica i sintomi rendendo emotivamente drammatica una reazione oggettivamente banale (Sanavio, 2004).

Non sono quindi gli eventi a provocare quello che sentiamo, ma il modo in cui li vediamo e li gestiamo, attraverso i nostri pensieri (Beck, 2013).

Il ruolo della terapia cognitivo-comportamentale

La terapia cognitivo-comportamentale fornisce un trattamento efficace per la gestione del panico attraverso tecniche come:

  • Psicoeducazione: permette al paziente di dare un nome a quello che gli sta accadendo e di comprenderne il funzionamento.
  • Ristrutturazione cognitiva: permette di identificare le distorsioni cognitive, mettendo in luce le interpretazioni catastrofiche errate, al fine di trovare delle spiegazioni più plausibili degli eventi favorendo una diminuzione dei sintomi.
  • Esposizione enterocettiva: consiste nel replicare sensazioni corporee simili a quelle che si manifestano spontaneamente in caso di ansia, attraverso specifici esercizi, con l’obiettivo di dimostrare al paziente che può stare con i suoi sintomi (andando quindi a contrastare la tendenza a fuggire/evitare gli stimoli considerati pericolosi).
  • Esposizione in vivo/in immaginazione: permette di affrontare gli stimoli che solitamente vengono evitati.
  • Prevenzione delle ricadute: permette al paziente di eseguire una revisione di tutte le fasi del trattamento svolte durante il percorso, favorendo un consolidamento delle strategie e degli obiettivi raggiunti. Permette di definire quali segnali di possibili ricadute o situazioni di difficoltà potrebbero ripresentarsi per riuscire a stabilire quali strategie mettere in atto in autonomia.

La terapia deve essere pensata e personalizzata sul singolo individuo.

Se ti capita di provare un’esperienza come quella descritta sopra, potrebbe essere utile approfondire la situazione con un professionista che saprà suggerirti il percorso più adatto da intraprendere.

A cura della dottoressa Alessia Gallani, Psicologa-Psicoterapeuta della Casa di cura Città di Parma